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Il giovane giocatore

Ho un aneddoto carino che ricordo sempre con piacere. Che non ha influito direttamente sul mio business, ma ha avuto un impatto comunque molto importante sul mio lavoro. Diversi anni fa, un Giovane Giocatore di una delle squadre di calcio più importanti d’Italia presso la quale lavoravo, non perdeva occasione per lamentarsi, a microfoni spenti e non, del fatto di rimanere sempre in panchina, di non avere l’opportunità di giocare, dell’ingiustizia con la quale, a suo dire, era trattato dall’allenatore. Queste dichiarazioni gli creavano problemi con il Club, con l’allenatore e anche con il Grande Giocatore che occupava stabilmente il posto cui il Giovane Giocatore ambiva. La sua immagine era quella non solo di un giocatore poco significativo, ma anche di un personaggio scomodo, di una persona scontrosa e dal cattivo carattere. Anche i rapporti con i colleghi ne erano danneggiati.
Lo presi da parte e gli spiegai che se avesse continuato così, quello cui sarebbe andato incontro sarebbe stata la cessione alla fine della stagione. Cessione che, stante la situazione, avrebbe significato soltanto una cosa: “retrocedere” ad una squadra senza dubbio meno prestigiosa di quella dove era da poco arrivato. Gli prospettai anche un diverso approccio, sia concreto, per il suo vivere quotidiano con la squadra, sia di comunicazione. Da quel momento, avrebbe dovuto considerare l’esperienza che stava vivendo, non più come un’ingiustizia e una gabbia alle sue possibilità, ma al contrario come un’opportunità: quella di essere la riserva di uno dei più grandi campioni della storia del nostro calcio. Un’occasione per imparare e per farsi trovare preparato nel momento, che prima o poi sarebbe sicuramente arrivato, nel quale fosse toccato a lui scendere in campo per sostituire il Grande Giocatore. Dal punto di vista della comunicazione, gli suggerii di dimenticare le rivendicazioni e le frasi dure che aveva utilizzato fino ad allora, per passare a trasmettere anche all’esterno il suo nuovo modo di vivere la sua posizione di riserva del Grande Giocatore. Doveva cogliere ogni occasione per dire come si sentisse orgoglioso e fortunato a vivere quell’esperienza, lui così giovane, dietro ad uno dei più grandi.
E così fece. L’occasione fu un’intervista ad una rete televisiva nazionale. Il Giovane Panchinaro era diventato una Giovane Speranza, ottimista e carico di buona volontà. Ora dipendeva soltanto dall’allenatore saper cogliere e valorizzare queste qualità. La Società si accorse del cambiamento di atteggiamento e cominciò a valorizzarlo maggiormente, se non ancora in campo, perlomeno nelle attività di comunicazione, offrendogli delle opportunità che prima gli venivano negate. In poco tempo, anche a causa di un leggero infortunio del Grande Giocatore, il Giovane dovette dare dimostrazione delle sue capacità in campo. E si fece trovare preparato. Ormai, anche il suo modo di interagire con i media era cambiato: i musi lunghi, le rivendicazioni e le risposte a monosillabi erano un ricordo. E questo gli fu sicuramente determinante quando, finalmente, poté raccontare davanti ai microfoni la sua soddisfazione per le prestazioni sul campo di gioco e la sua ammirazione e riconoscenza per il Grande Giocatore “cui doveva tutto”. Dopo poco arrivò la chiamata in Nazionale, dove il Grande Giocatore da tempo non era più titolare, ma dove il Giovane Giocatore non sarebbe mai approdato senza quel cambiamento nel suo atteggiamento che aveva portato anche ad una diversa percezione che gli altri avevano di lui. Ecco, credo che questo esempio, che a volte utilizzo anche con i miei clienti, possa essere illuminante per far comprendere come un diverso approccio e un diverso modo di comunicare possa far cambiare nella sostanza le cose.
Barbara Ricci – Sport Wide Group